Mentre i positivisti hanno mantenuto una visione prettamente ottimistica della rivoluzione, altri studiosi hanno visto tali cambiamenti in modo negativo, tra questi troviamo Karl Marx. Marx si concentrò infatti soprattutto sugli sconvolgimenti che essa causò. Marx vede la società in un periodo di conflitto e rivoluzioni e coglie nella rivoluzione stessa diverse contraddizioni che gli fanno pensare ad una futura rivoluzione di classe del proletariato contro il dominio borghese.
Marx si focalizza inoltre sui nuovi processi produttivi introdotti dalla rivoluzione industriale: infatti non cambia soltanto la quantità di merci prodotte, bensì anche la relazione tra gli operai, se stessi e il mondo circostante. L'industria utilizza macchinari costosi, che un operaio da solo non potrebbe permettersi e che quindi non gli danno la possibilità di istituire un'attività in proprio, obbligandolo a lavorare per i proprietari della fabbrica i quali possiedono i macchinari. I proprietari sono detti capitalisti. L'operaio non è più quindi un artigiano ma unicamente un esecutore, perde di conseguenza il rapporto con il prodotto del suo lavoro e ne perde il valore.
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