sabato 9 febbraio 2019

ANTROPOLOGIA La cultura secondo Malinowski


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Malinowski all'interno della sua opera "Teoria scientifica della cultura", definisce la cultura come un "tutto integrale" consistente in diversi fattori: questa è infatti composta da simboli, valori, concetti, relazioni sociali, politiche ed economiche. Inoltre la cultura è secondo Malinowski un apparato strumentale in parte materiale, in parte umano e in parte spirituale e consiste in una serie di risposte a necessità di adattamento ambientale. 
Partendo da questo presupposto Malinowski sviluppa un'ulteriore teoria legata questa volta alla magia: quest'ultima viene analizzata dallo studioso come una risposta emotiva ad una situazione non controllabile. La tradizione magica è per Malinowski uno strumento per sottoporre a controllo umano la realtà esterna nella totalità dei suoi aspetti: egli rifiuta inoltre la teoria di Frazer secondo la quale la magia era una forma primitiva di conoscenza scientifica, una pseudo-scienza.

ANTROPOLOGIA Malinowski




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Bronislaw Malinowski, uno dei più celebri antropologi del Novecento, fu uno dei più grandi sostenitori della teoria secondo la quale per studiare una comunità bisognava abitare nel luogo per un lungo periodo, sarebbe inoltre stato meglio se la comunità fosse stata di piccole dimensioni, composta quindi da pochi abitanti in modo da poterli studiare più da vicino. Egli, agli albori della prima guerra mondiale, ottenne il permesso di recarsi in Nuova Guinea al fine di studiare gli abitanti delle isole Trobriand. Nonostante le difficoltà da lui incontrate in tale percorso, Malinowski tentò di instaurare un rapporto il più possibile confidenziale con gli indigeni, cercando di rapportarsi a lui seguendone le attività, i riti, i comportamenti e il rapporto con la vita.
Tale studio ebbe un riflesso importante sul concetto di cultura di Malinowski: egli iniziò infatti a parlare di società "integrate funzionalmente" nelle quali istituzioni, diritto, miti ed economia non sono fattori a se stanti bensì sono tutti aspetti fondamentali per il funzionamento della società. Per avere una visione complessiva della vita era quindi necessario prendere in considerazione tutti gli aspetti sopracitati.

ANTROPOLOGIA Margaret Mead



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Margaret Mead fu un'allieva di Boas che si concentrò principalmente sui popoli del pacifico tra i quali in primis i Samoani sui quali nel 1928 pubblicò anche un libro. Il libro tratta specificatamente della percezione dell'adolescenza nella cultura samoana: questa non è vista come età difficile né dai ragazzi né dai genitori, cosa invece impensabile negli Stati Uniti. Mead arrivò dunque alla conclusione che i problemi adolescenziali non fossero dovuti alla crescita fisiologica bensì che derivassero da un'educazione sbagliata e dall'imposizione di modelli sociali scorretti e inadeguati.
Mead inoltre si pose come ambasciatrice dei diritti dei popoli e si impegnò a far conoscere l'antropologia e i suoi studi anche ad un pubblico di non esperti.

ANTROPOLOGIA Ruth Benedict


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Ruth Benedict ebbe una formazione simile a quella di Boas e si specializzò nello studio degli indiani dell'America settentrionale. Presentò un nuovo concetto di cultura, eliminando da questa tutto ciò che non fosse simbolico: l'importanza veniva infatti data soprattutto a pensiero, al modo di esprimerlo, alle parole e al comportamento. Secondo Benedict una cultura è perciò un insieme di simboli e idee, che interconnessi tra loro, conferivano a una cultura alcune precise caratteristiche differenti da altre. Ogni cultura è quindi unica nel suo genere in quanto frutto dell'interconnessione di comportamenti e idee che la rendono speciale e particolare. Essa è un modello a se stante: idee, valori e comportamenti producono infatti configurazioni sempre diverse ( da qui il nome della teoria di Benedict, appunto configurazionismo).

ANTROPOLOGIA Franz Boas





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Franz Boas sosteneva che la storia di una cultura non potesse essere studiata in modo generico bensì ognuna nello specifico. Egli divenne infatti conosciuto per il particolarismo storico.
Boas aveva infatti riprovato questa sua teoria in seguito ad alcune ricerche svolte alla fine dell'Ottocento tra la popolazione degli Inuit, ossia gli eschimesi. Egli costituì sicuramente una delle personalità più importanti nel campo antropologico. in quanto diede vita ad una famosa scuola presso l'Università Columbia di New York che venne frequentata da molti grandi nomi dell'antropologia.
Boas, inoltre, si battè a lungo contro il razzismo sostenendo che i migranti, per esempio, per quanto poveri e spesso analfabeti, non sono razzialmente inferiori.
Inoltre si pose contro al darwinsimo sociale tramite battaglie antirazziste e antidiscriminatorie.

SOCIOLOGIA L'agire sociale e le sue 4 tipologie


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L'agire degli individui di una società moderna è dettato prevalentemente da tre forze, le prime due presenti già nella società premoderna e la terza di carattere innovativo: l'affettività spontanea, la fedeltà alla tradizione e la ragione. Quest'ultima è intesa come una "consapevolezza progettuale" ossia capacità di prevedere le conseguenze delle azioni e cambiare il proprio comportamento in base a tali conseguenze. Weber osserva che con la razionalizzazione, nella società aumentano le azioni compiute in nome della ragione che calcolano quindi i propri comportamenti in vista di conseguenze successive. Le persone si comportano sempre di più in vista dello scopo da raggiungere.
Giunto a questo punto Weber osserva che le varie azioni sociali sono classificabili secondo dei tipi ideali. Tutte le azioni sono quindi riconducibili a dei modelli fondamentali di agire:
AZIONE AFFETTIVA, modello di ogni azione che soddisfa un bisogno in maniera immediata;
AZIONE TRADIZIONALE, azioni compiute per abitudine;
AZIONE RAZIONALE, azioni basate sulla riflessione razionale; essa può basarsi su 2 diverse forme, può essere orientata al calcolo dei mezzi per raggiungere uno scopo o alla scelta di un determinato comportamento che rispecchia un valore al quale si aspira. Le azioni razionali possono dunque essere "razionali rispetto al valore", dettate da convinzioni o "razionali rispetto allo scopo" dettate da necessità di raggiungere appunto uno scopo.

lunedì 4 febbraio 2019

SOCIOLOGIA L'etica protestante e lo spirito del capitalismo


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Secondo Max Weber, nell'ambito della religione, la razionalizzazione trova espressione nel protestantesimo ma soprattutto nel calvinismo. Uno dei punti principali trattati dalla dottrina teologica calvinista è la predestinazione: il nostro destino è già da sempre segnato e di conseguenza la nostra dannazione o salvezza dopo la morte. Probabilmente chi avrà successo in questo mondo otterrà la salvezza nell'aldilà. Per ottenere tale salvezza, la maggior parte dei protestanti spinta dal desiderio di realizzare questo volere, ha ambito nel corso della propria vita al raggiungimento del ruolo di imprenditore privato. Nacque così il capitalismo: ogni lavoro viene svolto con l'obiettivo razionale del guadagno oltre che del successo economico. Il capitalista investe sulle proprie ricchezze al fine di ottenerne altre. Originariamente tale fenomeno si presentava molto legato allo spirito religioso calvinista: le credenze religiose sono spesso la causa di avvenimenti in campo economico.

sabato 2 febbraio 2019

PSICOLOGIA App generation

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L'individuo, nel suo sviluppo sociale ed emotivo, è enormemente influenzato dal fattore del contesto sociale in cui cresce, dal suo ambiente di vita. Molti psicologi, analizzando i tempi moderni, hanno sviluppato il concetto di App generation per definire la generazione dei nativi digitali. Bambini e ragazzi si confrontano con il mondo dei social network iniziando così la loro interazione con il mondo; è tramite questi ultimi che scambiano informazioni, situazioni di divertimento, condivisione di interessi e rapporti d'amicizia. Queste possibilità presentate da internet precludono però all'individuo l'opportunità di coltivare relazioni nell'ambito di vita reale, creando così difficoltà sul piano emozionale e sociale. Inoltre un problema importante riguarda l'autenticità: con i social si hanno poche informazioni sul proprio interlocutore non relazionandosi con lui in un faccia a faccia.

PSICOLOGIA L'adolescenza





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La fase dell'adolescenza è una fase intermediaria tra l'infanzia e l'età adulta: l'individuo è alla ricerca della propria identità e autonomia. Spesso accade che l'adolescente si trovi in conflitto soprattutto con la famiglia e che adotti comportamenti oppositivi e contradditori a quelli proposti dai genitori. Nel corso di questo particolare periodo della vita, i ragazzi tendono a considerare particolarmente importante la relazione con i coetanei rafforzando la propria identità e quella di gruppo. Gli amici vengono scelti tramite differenti criteri: interessi comuni, esperienze condivise, passioni, ideali ecc...
Il "far parte di un gruppo" non è però qualcosa di semplice o automatico: per aderire ad esso è molto spesso necessario aderire in modo più o meno manifesto ad alcune regole di conformismo (determinato linguaggio, modo di vestire, di pensare ecc...)

PSICOLOGIA Il modello di Dodge






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Lo psicologo americano Kenneth Dodge ha elaborato un modello di competenza sociale secondo cui i bambini ricevono una serie di stimoli dai quali elaborano il loro comportamento che viene successivamente elaborato dai propri coetanei. Dodge concentra infatti i suoi studi principalmente sull'interazione sociale tra pari che è molto complessa e presenta diversi problemi; sarebbe una competenza basilare per i bambini la risoluzione di questi problemi. E' proprio in questa fase che i bambini iniziano ad instaurare rapporti d'amicizia con i loro coetanei e migliorano le proprie competenze sociali tramite l'interazione con questi ultimi.

venerdì 1 febbraio 2019

PSICOLOGIA 6-11 anni scuola e gioco



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Un passaggio molto importante della vita di un bambino è costituito sicuramente dall'ingresso nel mondo scolastico: con essa termina infatti la fase una fase della propria vita e inizia una fase di "richieste" da parte del mondo degli adulti che richiedono una serie di competenze sociali maggiori. I bambini, a scuola, cambiano profondamente il loro mondo sociale instaurando nuove amicizie e dovendo rispettare nuove regole di comportamento sociale.
Un bambino può essere considerato socialmente competente se riesce ad instaurare rapporti stabili e fare proprie regole socialmente condivise.
Durante questo periodo inoltre inizia a svilupparsi secondo Piaget il gioco di ruolo; i bambini giocano tra loro rispettando regole prestabilite. Tramite esse migliorano la loro socializzazione e il loro comportamento morale: i bambini rispettano le regole non perché dettate o imposte da qualcuno bensì per seguire la propria morale. 

PSICOLOGIA Bronfenbrenner




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Urie Bronfenbrenner si affianca all'approccio ecologico sviluppando il concetto di ambiente sociale inteso come contesto dello sviluppo. Il bambino viene influenzato non solo da coetanei e familiari (microsistemi) ma anche dall'interazione reciproca di questi ultimi (microsistema genitori-microsistema insegnanti); queste interazioni tra microsistemi sono dette mesosistemi.
Inoltre i rapporti di un microsistema sono influenzati anche da ciò che è l'ecosistema (sistema esterno). Esiste infine il macrosistema, il contesto culturale, le leggi della propria società ecc...
Gli individui sono dunque inseriti in un complesso sistema di relazioni in cui ogni elemento influenza gli altri.

PSICOLOGIA Bertalanffy



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Nel periodo che intercorre tra i 2 e i 6 anni, il bambino inizia ad allargare il proprio mondo sociale, iniziando infatti a instaurare rapporti non solo all'interno della famiglia, bensì anche all'esterno di essa, tramite per esempio istituzioni come la scuola o centri ricreativi. La sfera sociale del bambino subisce quindi un profondo allargamento si inizia a comporre di differenti dimensioni; queste ultime vengono inserite nel modello teorico del sistema ecologico di Ludwig von Bertalanffy: il concetto centrale è quello di sistema inteso come qualcosa all'interno del quale più parti si trovano in relazione tra loro e si influenzano a vicenda. Affianco ai sistemi sono presenti inoltre alcune reti di influenze multidirezionali: gli individui influenzano i sistemi che li circondano e ne sono a loro volta influenzati. 

PSICOLOGIA lo sviluppo sociale nei primi due anni di vita

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La prima fase dello sviluppo sociale avviene tra la nascita e i primi due anni di vita: il bambino nasce già come un essere sociale in grado di instaurare relazioni specialmente con soggetti adulti tra i quali in primis la madre e poi anche con il padre, i nonni, le insegnanti d'asilo. In realtà è stato anche provato tramite alcuni studi che i bambini tra 9 e 12 mesi sono in grado di relazionarsi anche tra coetanei e che questo tipo di relazioni favorisce una maggiore apertura verso gli altri. E' dunque durante questi primi due anni che il bambino getta le basi del suo sviluppo sociale: esso riguarda infatti l'interazione con altri, la costruzione di legami e la riconoscenza di simboli, valori che caratterizzano la propria società di appartenenza. 

PSICOLOGIA teoria freudiana

Con l'avvento dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione la percezione della figura dell'individuo cambia n...